CARNIALACTYLUS ROSENFELDI

DITO DELLA CARNIA”

Pterosauro simbolo della Valle di Preone

Anno 1986, piano settentrionale del monte Levinzola, comune di Enemonzo in provincia di Udine. Nella valle del Forchiar, tra un mucchietto di rocce cadute da un dirupo, un ricercatore di fossili “Corrado Rosenfeldi”, fece un’incredibile scoperta. Individuò, in un mucchietto di detriti, il fossile di uno scheletro di dinosauro, privo della coda ma completo di cranio e mascelle inferiori. I paleontologi stabilirono l’appartenenza dello scheletro ad un Pterosauro, di una specie non ancora classificata. Gli studi condotti dal paleontologo “Fabio Della Vecchia” classificarono il reperto come il più antico fossile di pterosauro finora scoperto.

Fu battezzato dai paleontologi con il nome di “Carnialactylus Rosenfeldi” in riferimento alla Carnia, territorio del ritrovamento, ed in onore del suo scopritore: “Corrado Rosenfeldi”.

Il rettile 210 milioni di anni fa svolazzava sui cieli del Friuli sorvolando la superficie del mare a caccia di pesci e altri organismi marini per la sua nutrizione. Si trattava di un pterosauro con un’ apertura alare di circa 70 centimetri formate da una sola membrana dotata di sacche aeree a funzione respiratoria. Durante la respirazione, l’apparato alare produceva del gas che si accumulava all’interno della sacca presente nell’ala consentendo una riduzione di densità favorendo il volo. L’apertura alare era simile a quella dei gabbiani, prive di piume, e paragonabili quelle di un pipistrello. Si trattava, comunque, di una specie ovipara.

Il rettile volante poteva raggiungere una velocità di volo di circa 108 chilometri orari per alcuni minuti e planare a circa 90 chilometri orari.

La scoperta avvenne in un luogo molto importante dal punto di vista geologico. Tutta la valle di Preone, presenta delle formazioni particolari risalenti ad epoche remote e sono continuo oggetto di studio.

Il territorio appartenente alla valle di Preone, nel corso di migliaia di anni, si è continuamente evoluto. All’inizio del “norico, circa 200 milioni di anni fa, era rappresentato da una vasta piana ricoperta dal mare solo in alcune fasi durante l’afflusso delle alte maree. Si trattava della fase in cui venne depositata sul fondo la “dolomia”, formazione tipica delle Alpi meridionali. Nella piana si intercalavano bacini più profondi contrassegnati dall’assenza di ossigeno (anossici), caratteristica che ha favorito la mancata decomposizione di organismi dopo la loro morte.

La presenza di formazioni rocciose di “Dolomia di Forni” scura deriva dai di depositi di fanghi e sabbie accumulati 210 milioni di anni fa. In queste rocce si sono formati numerosi fossili di pesci, gamberi, piccoli rettile e piante.

L’aspetto spugnoso della “dolomia” deve la sua formazione alla fine del “carnico”, nel Triassico superiore. Sulle rocce sedimentarie si sono depositati altri sedimenti che hanno contribuito a far nascere le formazioni con queste caratteristiche.

Nell’area interessata, nel “giurassico”, periodo che intercorre tra i 180 e 150 milioni di anni fa, si sviluppò un mare aperto ed iniziarono a formarsi sul fondo sedimenti carbonatici. Nacquero i sedimenti calcari grigi con selce e strati di rosso ammonitico, utilizzato come marmo.

La catena Alpina si formò nel “cretacico” alla fine dell’era mesozoica, 65 milioni di anni fa. Un periodo caratterizzato dallo spostamento di grande massi terrestri e dalla spinte dei continenti europeo ed africano.

Le montagne come si vedono oggi si sono formate in un periodo tra i 65 ed i 2 milioni di anni fa, tra il “miocene” ed il “pliocene”, ere caratterizzate da eventi e terremoti in grado di miscelare , piegare ed accumulare i sedimenti che formano le catene montuose come le vediamo ai nostri giorni.

Continui mutamenti climatici hanno caratterizzato l’era “quaternaria” con inizio 2 milioni di anni fa. Alla formazione degli immensi ghiacciai ne conseguì il loro scioglimento; un continuo modellamento del territorio con la trasformazione delle rocce in detriti e morene e la trasformazione in vette, valli e torrenti fino a raggiungere lo stato attuale.

Formazioni di dolomia – percorso paleontologico Stavoli Lunas

Possiamo, così, comprendere come, nel corso dei millenni siamo giunti all’attuale situazione geografica, determinata da una continua evoluzione della terra e dei cicli climatici. Nascite di nuove specie e successiva estinzione. L’uomo non è il primo e non sarà l’ultimo abitante della terra chissà che cosa riserverà il futuro fra 200 milioni di anni.

Sentiero del percorso paleontologico Stavoli Lunas

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