
Nascosto tra la vegetazione delle verdi colline del Natisone, spunta, da un costone roccioso del monte Mladesiena, la chiesa di San Giovanni d’Antro. Un luogo considerato sacro in tempi antichissimi grazie alla costante presenza dell’acqua quale elemento vitale. Il tempietto sorge alla foce di un fiume carsico sotterraneo e giace incastonato nella falesia sopra una cascatella la cui acqua affluisce nel torrente sottostante. All’interno dell’edificio una molteplicità di simboli si ricollega a differenti credenze o religioni di molti popoli che nei secoli sono transitati in questo territorio. La cappella della chiesa è affrescata con figure e simboli misterici o di dubbia interpretazione.

La grotta carsica, in lingua slovena “Landarska Jama” si estende nel sottosuolo per circa cinque chilometri di cui trecento metri sono visitabili ed aperti al pubblico, il resto è quasi totalmente inesplorato. E’ qui che gli speleologi hanno trovato lo scheletro di un orso “l’ursus spaeleus” del periodo neanderthaliano (dai 40.000 ai 30.000 anni fa).

Ci troviamo nel luogo dove si innalzava un castello della linea difensiva “Decima Regio Venetia et Istria” , così era definita la linea posta al limite orientale dell’Italia dall’impero romano nel II secolo a.C. ; percorreva le valli del Natisone in difesa della città di Cividale (Forum Julii). La linea difensiva collegava tre fortezze, una sorgeva a Castelmonte, una a Cividale e l’altra ad Antro. Un sistema difensivo dotato di torrette d’osservazione innalzate nei punti più elevati delle colline che comunicavano con mezzi allora disponibili quali il riflesso degli specchi durante il giorno giorno e fuochi notturni. Ad Antro erano presenti due castelli romani, uno sorgeva in prossimità del paese, l’altro sotto la chiesa ai piedi della scalinata, un terzo castello era presente nell’attuale località di Biacis, si tratta del castello di Ahrensperg da dove proveniva la leggendaria regina “Vida”; venne distrutto nel 1295.
Il castello romano di Antro sorgeva su un luogo già sacro nel mondo celtico e , con passare dei secoli, subì l’influenza delle numerose genti che attraversarono questo territorio come i romani, gli unni, i visigoti, gli ostrogoti, gli avari, i longobardi, popoli slavi a cui susseguirono eremiti, monaci e templari. Il castello sorse, in origine, come struttura di difesa poi sormontato, in età medievale, dall’attuale chiesa di San Giovanni d’Antro dedicata ai santi Santi Giovanni Battista ed Evangelista.
La chiesa si raggiunge calpestando gli 86 gradini della lunga scalinata. La scala fu costruita intorno all’anno mille, nei secoli precedenti l’accesso alla chiesa avveniva tramite scale trasportate o con l’utilizzo di corde.
Ai piedi ella scalinata si può notare il primo simbolo misterico di questo luogo. Non si conosce con certezza il suo significato, sembrerebbe un’incisione che rappresenta il gioco della tria, un simbolo che i templari lasciavano spesso nel loro cammino, ma potrebbe nascondere un diverso significato ancora incompreso.

Il simbolo della tria si può riscontrare nella “lastra di Biacis”, località dove un tempo sorgeva il castello medievale di Ahresperg. La lapide di Biacis ha origini antichissime come è dimostrato dai molteplici graffiti e da alcune incisioni raffiguranti, appunto, una “tria”.

Terminata la salita si giunge alla caverna di ingresso che contiene una chiesa consacrata, ristrutturata, probabilmente abitata, in epoca romana, da un sacerdote di Mitra. All’entrata, il manto della grotta protegge l’altare centrale, una composizione lignea in stile barocco opera di Bartolomeo Ortari di Caporetto, con le statue di Santo Stefano Protomartire, San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista, l’incoronazione della Vergine e l’annunciazione.

Alla sinistra la loggetta longobarda dedicata alla Vergine Antiqua.



La parete sinistra è affrescata con un’immagine raffigurante il “velo della Veronica”, la stoffa con cui la donna asciugò il sudore ed il sangue dal viso del Cristo mentre saliva sul Golgota su cui rimase impressa l’immagine del suo volto; probabilmente l’affresco è opera di un artista che in quell’epoca avrebbe avuto modo di studiare la sacra sindone che presumibilmente era custodita dall’ordine dei templari. A fianco il “fiore della vita” a sei petali il cui simbolo è ancora oggetto di studio. Il nome “della vita” è associato al cerchio che lo racchiude. Si tratta di una simbologia antica già esistente in epoca pre-egizia che si sviluppò in molte civiltà comprese quella etrusca, greca e romana. Per gli etruschi questa simbologia rappresentava la vittoria dopo la morte. Per i celti aveva una funzione magica o taumaturga. Nel medioevo venne associata alla geometria sacra ed usata dagli architetti, scalpellini, costruttori di chiese ed alcuni ordini monastici compresi i templari. Il fiore della vita simboleggia equilibrio, armonia protezione e rinascita.

La cappella è dedicata ai santi Giovanni Battista ed Evangelista e costituisce la parte di maggior rilievo dell’edificio, sulla parete di sinistra risalta un crocifisso ligneo del XIII secolo, sulla parete destra è appesa una lastra tombale che originariamente si trovava sul pavimento della sagrestia, sulla lapide è indicato il nome di Felix . Felix o Felice era il nome di un eremita o di un diacono al quale fu concesso, dal re longobardo Berengario, di occuparsi della chiesa, forse premiato per aver predicato e convertito le comunità circostanti al cristianesimo.




La volta in legno, presente nell’abside, è formata da un intreccio di losanghe a costoloni a formare una stella a sette punte. Le mensole su cui posano i costoloni sono stati scolpiti nel ‘400 e raffigurano personaggi di vita quotidiana del tempo. Al centro della volta è incisa nel legno l’immagine della madonna quasi ad indicare il legame del mondo celeste al mondo terreno rappresentato dai personaggi scolpiti nella pietra che la sostengono. La stella a sette punte rappresenta la fusione del mondo spirituale o celestiale rappresentato dal numero tre a quello terreno con il numero quattro.
La parete dell’abside, un tempo doveva essere totalmente coperta da affreschi di cui sono rimasti solo alcuni frammenti, sono visibili le croci greche, diverse immagini del sole cigliato, e foglie di palma. Il sole cigliato è un simbolo che rappresenta una connessione tra la luna ed fuoco solare. Il sole rappresenta la stella del giorno, le foglie di palma il ciclo lunare, simbologia che risalta la connessione tra gli opposti. La palma, è il primo vegetale in grado di nascere su un terreno bruciato, paragonabile alle fenice che risorge dalle ceneri a simboleggiare la rinascita dopo la morte, quindi la resurrezione. Quando Gesù entrò a Gerusalemme a cavallo di un somaro, i fedeli lo accolsero sventolando rami di palma simbolo di regalità e di pace. La palma e l’olivo sono simboli del Cristo che ha vinto la morte, il trionfo della vita eterna sul peccato: “il giusto fiorirà come una palma, crescerà come il cedro del libano”.


All’uscita della grotta, dal terrazzo chiamato “il belvedere” è possibile ammirare l’immenso panorama. Nel piazzale è visibile il foro dell’antico forno che serviva agli eremiti o ai sacerdoti per cuocere il pane che, dopo la consacrazione, veniva offerto ai pellegrini per fare la comunione.


Lascio alle mie spalle un luogo misterioso, una chiesa ricca di simboli di un “eterno passato” derivanti molteplici culture e formati in epoche diverse, talvolta incomprensibili, ma in essi, risalta il raggiungimento della perfezione alchemica, la pietra filosofale, l’unione del mondo spirituale a quello materiale.
















