LA SACRA SPINA DI COLLALTO

Reliquiario con le sacre spine

“Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!» gli sputarono addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percossero sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo”.

Questo riferimento, tratto della sacra bibbia nel vangelo di Matteo, evidenzia il maltrattamento ed il disprezzo da parte dei soldati nei confronti di Gesù: dopo averlo insultato, denigrato, deriso e percosso, ad uno dei suoi carnefici balenò l’idea di formare una corona con delle spine che poi gli venne conficcata sul capo che si cosparse di sangue; gli misero un bastone sulla mano destra.

Riproduzione della Sacra Corona – Mostra di Chioggia.

Il simbolo della corona, nella civiltà romana aveva un significato profondo. Quando un soldato compiva un’azione di coraggio salvando la vita ad un cittadino romano, gli veniva conferita una “corona civica” costruita con rami di quercia, che simboleggiava il coraggio di chi ha compiuto l’azione e la salvezza della persona aiutata. Ecco perché, la corona di spine indossata da Gesù, il bastone, così come la scritta sulla croce INRI, rappresentavano una parodia riferita alla regalità di Gesù quale re dei Giudei e salvatore dell’umanità.

Secondo “la leggenda aurea” di Jacopo da Voragine la corona ed altri oggetti toccati o indossati da Gesù durante la “passione” furono nascosti dai suoi discepoli sul Golgota. Vennero riportati alla luce grazie alla regina Elena, madre dell’imperatore Costantino, che, nell’anno 320, ordinò di sgomberare le macerie rimaste sul colle della crocifissione; dal terreno riaffiorarono un chiodo , un frammento dell’iscrizione, la croce e la corona di spine.

La corona della passione, nel 1063 venne trasferita da Gerusalemme a Costantinopoli e vi rimase fino al 1237. Re

Baldovino II, dopo averla consegnata a dei mercanti veneziani come pegno per la campagna militare, ne rientrò in possesso dopo aver saldato il debito, poi la cedette al re di Francia Luigi IX “il Santo” che la custodì fino al completamento della Chante-Chapelle nella cattedrale di Notre Dame a Parigi. La reliquia si salvò miracolosamente dall’incendio che nel 2019.

Castello di San Salvatore – Susegana TV

Sembra incredibile, ma con grande sorpresa, alcune indagini collegate alle spine dalla sacra corona, mi hanno condotto alle colline “del prosecco” nella zona di Conegliano in provincia di Treviso. Un territorio che si trasforma da zona industrializzata a zona agricola caratterizzata dalle culture vitivinicole. Le verdi e ampie colline sono sovrastate dai vigneti che ne accompagnano la loro forma. Tra le cantine a gestione familiare risalta quella dei “Conti di Collalto”, una casata nobiliare molto antica, probabilmente di origine Longobarda. Il castello di San Salvatore domina le colline di Susegana, da quella posizione è possibile ammirare un gradevole panorama. Sulla parte superiore del cancello d’entrata del castello è fissato lo scudo araldico della famiglia, dentro una superficie circolare appaiono due triangoli bianchi e due triangoli neri, figure geometriche e colori che ricordano quelli appartenenti alla casata nobiliare longobarda dei “Da Camino”.

Simbolo dei Conti di Collalto.

Inizialmente il castello di San Salvatore venne costruito nell’altura dove sorgeva la chiesa del Carmine come avamposto con funzioni di controllo della vallata temendo eventuali attacchi da parte dei Signori di Conegliano. Soggetto a continue ristrutturazioni ed ampliamenti nel corso degli anni divenne dimora definitiva dei Conti di Collalto.

Torre difensiva di ingresso e torre di controllo.

Da Susegana, seguendo per alcuni chilometri una stradina in salita che serpeggia in un territorio boscoso si arriva all’ononimo paesino di “Collalto”. Un piccolo borgo dove risaltano i resti di un’ imponente torre medievale. Seguendo il sentiero si raggiungono le due torri che difendevano l’ingresso e si arriva al piazzale della chiesa, di fronte alle rovine dell’antico castello.

Il complesso venne costruito intorno all’anno 1.100, si innalzava sulla sommità di un colle: “colle alto”, da cui ebbe origine il toponimo che fa riferimento sia alla località sia alla casata nobiliare dei “Collalto” e precede di circa cento anni il più recente castello di San Salvatore. L’antico castello costituiva un importantissimo ed invalicabile baluardo difensivo, dall’unica torre rimasta intatta, anche dopo i bombardamenti nelle due guerre mondiali, era possibile controllare la vallata ed il corso del fiume Piave.

Immagine di come si presentava originariamente il castello di Collalto.

Sul piazzale sorge la chiesa di “San Giorgio Martire” che custodisce le reliquie della Beata “Giuliana di Collalto”, fondatrice del monastero di San Biagio e Cataldo nell’isola della Giudecca a Venezia nel 1226, ed una reliquia proveniente dalla terra santa: “due spine della sacra corona” che portò Gesù durante la crocifissione.

Statua beata Giuliana
Reliquia- falange della beata Giuliana
Corona indossata da beata Giuliana

Ma come sono giunte due sacre spine, portate da Gesù a Collalto?

L’introduzione del culto delle spine della sacra corona è legata alla partecipazione alla prima crociata del Conte Alberto di Collalto. Il conte non ambiva a sogni di gloria, di ricchezza nè di potere, ma era un devoto cristiano e un fervente credente. Prima di partire, nell’anno 1138, fece scrivere un testamento con cui lasciava alcuni dei suoi possedimenti agli ordini religiosi. Il conte lasciava in eredità 20 masserizie alla chiesa di Collalto per “timore di Dio”, per “la salvezza della sua anima” e per “la remissione dei suoi peccati”. Il primo documento storico-giuridico che si collega alla chiesa di San Giorgio Martire è una copia di un testamento settecentesca, con cui il Conte Alberto lascia il controllo della chiesa di San Giorgio all’ordine Gerosolimitano (XIII-XVI secolo) che poi sarà affiliata alla Pieve di Santa Maria di Soligo.

L’arrivo delle Sacre Spine a Collalto, però, non è documentata, la reliquia potrebbe essere stata acquistata o donata al Conte in terra santa ed averlo accompagnato al suo ritorno. Probabilmente furono proprio gli ideali e la forte fede religiosa del Conte Alberto a creare un profondo legame con i templari che gli consentì di ricevere in dono la sacra reliquia.

Non esistono fonti storiche, ma possiamo considerare anche la possibilità che una delegazione di crociati sia giunta a Collalto per offrire la sacra reliquia al Conte Alberto meritevole della loro stima e fiducia.

Un affresco degli anni ‘60, opera del pittore “Bepi Modolo”, raffigura alcuni cavalieri templari che indossano tuniche bianche con una croce rossa sul petto nell’atto di consegna della sacra spina. Nell’opera viene evidenziata la località “Tempio”, luogo presente nei pressi del castello di San Giorgio, ma lo stesso toponimo si riscontra nei pressi di Ormelle dove i templari possedevano una maison. L’opera è stata commissionata dal conte Rambaldo di Collalto.

Affresco di “Bepi Modolo”

Il culto delle sacre spine della corona che Gesù portò durante la passione è presente in molte chiese italiane in cui si calcola la presenza di circa 700 reliquie. Ovviamente solo una parte di esse rappresentano quelle originali staccate dalla sacra corona, le altre sono legate a storie e leggende inventate nel medioevo quando il mercato delle reliquie era molto praticato e circolavano molti falsi reperti.

E’ impossibile stabilire se la reliquia presente nella chiesa di San Giorgio appartenga alla sacra corona indossata da Gesù Cristo o si tratti di normali spine, però è possibile affermare che, a differenza di altri casi in cui persiste l’assenza di un collegamento accettabile che ne giustifichi la presenza, in questo caso il collegamento è legato alla partecipazione alla prima crociata in Terrasanta da parte del conte Alberto.

Sono trascorsi molti secoli dal trasferimento della spina da Gerusalemme a Collalto, non sappiamo se si tratti di una falsa reliquia o autentica, tuttavia nulla è cambiato, per l’ateo si tratta di uno storico oggetto venuto a contatto con il più grande personaggio della storia dell’umanità, il credente continua e continuerà a considerarla un oggetto portato da Gesù Cristo, un oggetto capace di intensificare la fede e la preghiera. capace di aprire i portali eterni della salvezza.

La visione delle due sacre spine che Gesù portò sul capo, se si è convinti della loro autenticità, sono capaci di creare incredibili emozioni, ed io ero lì presente in quel momento, ad osservare le reliquie di 2000 anni fa, un istante ma sembrò l’eternità.

Iniziali di Rambaldo di Collalto
Chiesa del Carmine
Chiesa del Carmine
Sacre spine
reliquiario
S. Giorgio altare centrale, opera di Guido Pini pittore Coneglianese.
Battistero opera di Pietro Stefan
Altare centrale – scultura in legno opera dello scultore di Collalto Pietro Stefan.
Campanile
Chiesa di San Giorgio
Rovine vecchio castello
Ingresso castello di San Salvatore
Castello di San Salvatore

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