IL CHIODO DELLA CROCIFISSIONE A SAN PANTALEONE

Venezia, una città che, sorta quasi dal nulla, nel corso dei secoli, raggiunse il massimo livello di potenza navale dominando commercialmente e militarmente il mar Mediterraneo. L’anno 421 è stato fissato come l’ipotetico anno d’origine. L’estensione della città lagunare avvenne in modo continuo e progressivo iniziato all’epoca delle migrazioni degli abitanti della terraferma alle isole della laguna per sottrarsi alle incursioni barbariche. Con la conquista Longobarda dell’Italia terminarono i contro reflussi migratori. A differenza di altri popoli, i longobardi rappresentavano un popolo stabile insediatosi definitivamente nell’entroterra; questo particolare limitò, sensibilmente, il ritorno dei profughi.

Col passare dei secoli, la città fu soggetta ad un’espansione continua e progressiva e, per un avere un adeguato controllo economico e finanziario , venne divisa in sei sestieri. I monumenti di piazza San Marco, sono i più conosciuti e i più visitati dai turisti. Addentrandoci nelle calli, però, è possibile scoprire un mondo nascosto ricco di particolari misteriosi. Ogni quartiere dispone di particolari borghi o campi; frequentandoli spesso accade che luoghi che possono apparire insignificanti rivelino inaspettate sorprese; esistono chiese non molto conosciute custodi di autentiche e meravigliose opere d’arte o siano legate ad antichi misteri e sconosciute leggende.

Uno di questi edifici sorge ad un paio di chilometri dalla stazione delle ferrovie di Santa Lucia. Nel sestiere Dorsoduro, nel campo di San Pantalon si erge l’ ononima chiesa.

Si tratta di un edificio che presenta un’architettura semplice, la facciata esterna è priva di decorazioni ed è stato costruito in mattoni rossi visibili osservando facciata priva di intonaco; all’apparenza sembra una normale chiesa, ma in questo caso l’apparenza inganna.

L’interno contiene numerose opere d’arte ed alzando lo sguardo sul soffitto, si può ammirare il più grande dipinto su tela presente in una chiesa. Si tratta dell’unione di 40 dipinti su tela la cui composizione raggiunge i 443 metri quadri. L’opera rappresenta “il martirio e la gloria di San Pantaleone”, dipinto da Giovanni Antonio Fiumani.

L’autore era uno scenografo, lo si può dedurre da alcuni particolari del dipinto; è riuscito a creare un’immagine verticale su un soffitto sfondato. Le immagini dovevano creare un effetto tridimensionale rivolto verso i fedeli. Doveva essere un richiamo alla fede cattolica per combattere l’eresia del protestantesimo.

La chiesa di San Pantaleone è conosciuta dai veneziani come la chiesa che ha custodito due importanti sacre reliquie: il braccio di San Pantaleone ed un chiodo della crocifissione di Gesù.

Nell’altare centrale è esposto un crocifisso ligneo del 1335/1345, famoso per essersi scheggiato durante la seconda guerra mondiale ed essere stato sottratto dal gerarca nazista Hermann Goering assieme ad altre opere d’arte italiane. Venne individuato dai carabinieri, grazie ad una segnalazione e recuperato all’asta di Colonia nel 2012.

La chiesa è dedicata a San Pantaleone martire.

Pantaleone era un famoso medico di Nicomedia, antica città dell’Anatolia. Il suo impegno e sua bravura nell’esercitare la professione lo portarono a diventare il medico personale dell’imperatore Gaio Valerio Massimiliano, membro della tetrarchia di Diocleziano. L’imperatore d’oriente scoprì che Pantaleone si era convertito al cristianesimo. Lo fece arrestare dalla guardia imperiale e, dopo averlo fatto torturare e non averlo convinto a negare la propria religione, lo accusò di aver ottenuto guarigioni utilizzando arti magiche; lo fece e decapitare. La reliquia del suo braccio venne custodita il fino a qualche anno fa in questa chiesa.

Il nome di San Pantaleone Martire venne inserito nel kalendarium venetum, il più antico calendario veneziano, nel XI secolo, divenendo un santo molto venerato dai veneziani.

La presenza del chiodo della crocifissione è legata ad una leggenda ricavata da un vecchio scritto della badessa Maria felice Della Vecchia, perduto poi in un incendio nel ‘500; raccontava che in una sera dell’anno 1262, un pellegrino bussò al convento di Santa Chiara, (attuale questura) e consegnò alla portinaia dell’ordine delle Monache francescane di San Damiano, un cofanetto, dicendo di non consegnarlo a nessuno tranne a colui che avrebbe indossato un anello uguale al suo: si trattava di un anello con inciso cinque diamanti neri in croce. La leggenda vuole che il il misterioso pellegrino fosse stato il re di Francia Luigi IX, poi deceduto durante la seconda crociata in terrasanta.

L’oggetto era uno scrigno di rame cesellato in oro. Le Suore francescane del convento lo depositarono in una mensola sopra l’altare maggiore.

Una sera, dopo che il sole era tramontato le monache videro l’altare illuminarsi dai raggi che uscivano dal cofanetto. Qualche tempo dopo suor Teresa affetta da una leucemia facciale (male incurabile) trovò la guarigione.

Oltre a questi fatti che potremo definirli “miracolosi” ne accaddero altri, come un potente uragano che distrusse tutte le chiese vicine lasciando incolume il convento di Santa Chiara.

Passarono circa 300 anni, nessuno si era mai presentato con l’anello per pretendere lo scrigno. Le suore allora decisero di aprirlo. L’interno conteneva altri due scrigni uno dentro l’altro, alla fine spuntò il chiodo assieme ad una pergamena che spiegava che si trattava del chiodo della crocifissione usato per inchiodare i piedi di Gesù.

Il chiodo venne trasferito alla chiesa di San Pantaleone nel 1830 e venne trafugato qualche anno fa, da allora non si hanno più notizie.

cappella del chiodo

Un mistero rimane aperto, non conosciamo i particolari di come il chiodo sia stato rubato, nessun documento, fino ad ora, attesta l’avvenuto furto. Il chiodo era custodito nella cappella a fianco dell’altare principale, posta sul lato sinistro, con l’ingresso bloccato da una saracinesca in ferro battuto.

Viene da chiedersi: perché la cappella del sacro chiodo è chiusa al pubblico con l’ingresso bloccato?

E’ possibile che la storia del furto sia una storia inventata per proteggere una reliquia dai poteri miracolosi?

Forse i suoi custodi sono ancora in attesa di quell’uomo o quella donna che si presenti con l’anello dai cinque diamanti neri in croce per ritirare il sacro chiodo consegnato in segreto ed ancora presente e rinchiuso nel tabernacolo.

Lascia un commento