SAN GIOVANNI IN TUBA :

TERRA DI RESURREZIONE”

Ai piedi delle colline carsiche, nei pressi di Duino a pochi chilometri dalla città di Trieste affiorano in superficie le acque del Timavo. Da un habitat naturalistico composto da un terreno roccioso ed una bassa vegetazione formata da piccoli arbusti e cespugli, improvvisamente appare un’oasi: un terreno di sorgiva coperto da un intenso manto erboso, una verde vegetazione ed alberi ad alto arbusto come salici, pioppi e platani; una fauna ricca di uccelli acquatici: anatre, germani reali e cigni.

Il fiume Timavo nasce in Croazia, attraversa la Slovenia, noto con il nome di fiume Reka, si inabissa ed attraversa il territorio carsico per circa 39 chilometri, sfocia a San Giovanni di Duino, si infiltra nuovamente nel sottosuolo carsico e riemerge nel golfo di Trieste.

Quest’area di sorgiva fu un importante luogo di culto da tempi ancestrali; venne visitato tre volte dal poeta e scrittore Virgilio che menzionò “le bocche del Timavo” in tre delle sue opere: nell’ Egloga VIII, nelle Georgiche e nell’Eneide. Il luogo è descritto in una delle leggende più famose della mitologica greca. Secondo la leggenda, Giasone e gli argonauti dopo aver ritrovato il vello d’oro, si rifugiarono nel luogo indicato come: “le bocche del Timavo”.

Fu un’area sacra dedicata agli dei e ai personaggi della mitologia greca e romana quali: Ercole, Diomede, Saturno, Spes Augusta e al dio Timavus. Poco distante da San Giovanni è possibile visitare un tempietto pagano dedicato al dio Mitra. I templi votivi si trovavano nei pressi la via Flavia, importante via romana che rendeva possibile il collegamento all’importante via dell’ambra che arrivava fino ai paesi balcanici.

Grotta del “mitreo”

Le antiche credenze, col passare dei secoli, subirono le nuove influenze religiose, antiche divinità furono sostituite con quelle dei nuovi popoli insediatesi in questa regione. Il luogo mantenne la sua predisposizione come luogo di preghiera, rivolta, però, a nuove divinità, talvolta integrandosi e fondendosi con quelle più antiche.

L’acqua in tutte le zone di sorgiva mantenne la sua proprietà sacrale ed elemento capace di sprigionare continue energie benefiche. La chiesa di San Giovanni fa riferimento San Giovanni Battista che, essendo associato all’elemento dell’acqua, evidenzia l’importanza sacrale cristiana del battesimo.

San Giovanni Battista, portale d’ingresso.

Nel V secolo, venne eretta una piccola basilica paleocristiana per custodire e proteggere le reliquie dei santi: Giovanni, Stefano, Biagio e Giorgio. La chiesa era stata battezzata come la basilica di “San Giovanni in Tuba”. Secondo alcuni studi, l’etimologia della parola Tuba determina l’origine del termine “Tomba”, perciò nel linguaggio moderno il nome della basilica corrisponderebbe a “San Giovanni in tomba” o “tombe di San Giovanni”, proprio per ricordare che lì erano state deposte le reliquie dei santi.

Lastra che ricopriva le reliquie di S.Giovanni, S.Stefano, S.Biagio e S.Giorgio

La necessità di evangelizzare le popolazioni limitrofe richiese la costruzione di un edificio che accogliesse nuovi missionari. Accanto alla piccola basilica venne eretto un monastero benedettino per accogliere i frati ai quali era stata affidata la missione di evangelizzare i popolo slavi. Purtroppo né la basilica né il monastero sopravvissero alle continue invasioni. Nel 568 le terre furono invase dai Longobardi e nel 610 dagli Avari. In questo periodo le reliquie dei santi custodite nella basilica vennero trasferite in un altro luogo.

Il monastero, distrutto dagli Ungari, fu ricostruito nel XI secolo sotto la guida del patriarca di Aquileia Valdorico il quale ebbe il merito di ritrovare le reliquie nascoste che fece riporre in un sarcofago di cui è rimasta solo la lastra di marmo.

Il convento subì altri danni durante le scorrerie turche e venne definitivamente distrutto durante la prima grande guerra.

Oggi possiamo osservare i resti della chiesa di San Giovanni in Tuba, ricostruita per volere dei conti Walsee, signori di Duino, fra il 1399 ed il 1472. Un edificio in stile gotico ad unica navata.

Il museo archeologico di Cividale del Friuli, è esposto al pubblico una parte del “Codex aquileiensis” o “Evangeliario di Cividale”. Inizialmente il codex conteneva i vangeli dei quattro evangelisti, poi, per scopo propagandistico, venne tolto il vangelo di Marco per essere esposto nel “monastero del Timavo”. La chiesa di Aquileia doveva dimostrare che San Marco, seguace di San Pietro, avesse predicato ad Aquileia e che il manoscritto in questione fosse il testo originale del vangelo con la firma autografa dello stesso santo.

Il vangelo di Marco venne trasferito al monastero di Beligna poi, quando la sede del patriarcato venne trasferita da Aquileia a Cividale il vangelo venne esposto come fosse una reliquia, nella cattedrale della città. Nel XIV secolo, il patriarca Nicolò donò il vangelo di Marco all’imperatore Carlo IV di Lussemburgo che lo portò a Praga, dove è tutt’ora esposto.

Una leggenda riecheggia a San Giovanni in Tuba, dove la parola tuba potrebbe significare il termine “tromba”. La “tuba”, infatti, è uno strumento musicale di forma conica, a fiato, dotato di pistoni per generare le note musicali, è simile ad una tromba e fu inventato in Germania nel 1830. La leggenda racconta che l’antica chiesa di San Giovanni venne inizialmente denominata TE TUBA, e che in questo luogo arrivarono le prime colonne di sopravvissuti al diluvio universale. Una profezia vuole che uno dei quattro angeli dell’apocalisse suoni la sua tromba (tuba) il giorno del giudizio universale facendo risorgere i morti che usciranno dalle loro tombe (tuba).

“San Giovanni in tuba” rimane un luogo ricco di misteri e leggende ancestrali. Un fiume sacro che muore quando si inabissa nel terreno e rinasce quando sbocca in superficie. Il concetto di morte e rinascita si riscontra spesso nei concetti religiosi sia antichi che recenti, si riscontra nel vangelo di Marco, un tempo custodito nell’antica chiesa , quando narra la resurrezione di Gesù; appare nella leggenda che racconta la resurrezione al suono della tromba da parte di uno dei quattro angeli dell’apocalisse; l’acqua delle sorgive è il simbolo primordiale del battesimo sul Giordano da parte di San Giovanni Battista (a cui è dedicato il luogo sacro) l’acqua simbolo di purificazione e di vittoria sul peccato originale.

Gli antichi innalzavano tempietti votivi in luoghi dove scorreva l’acqua avendo la percezione che quei luoghi sprigionassero energie.

L’acqua rappresenta un simbolo vitale, è l’elemento che consentirà la resurrezione al suono di tromba dell’angelo dell’apocalisse.

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