LAGUNA VENETA: IL MISTERO DELLE ISOLE SCOMPARSE

Una leggera brezza marina, un immenso silenzio tagliato da un venticello che genera un ripetuto fruscio causato dallo sfregamento delle canne palustri, un silenzio interrotto dal cinguettio dei gabbiani plananti nel cielo in cerca di una preda, dai tuffi di alcune specie di uccelli acquatici o di qualche pesce sulla superficie del mare; un luogo dove non esiste il senso del tempo, dove vige una sensazione di pace e di eternità, un clima che favorisce la preghiera e la meditazione.

Nel medioevo, nelle isole dell’arcipelago veneziano, nei pressi delle paludi della Rosa e della Centrega, si innalzavano, numerose abitazioni e maestosi conventi che ospitavano molte comunità religiose di genere femminile. L’erezione di questi monasteri ebbe inizio nel tardo VII secolo, secolo per volontà del vescovo di Torcello, favorendo uno sviluppo economico e facendo prosperare un territorio fino ad allora improduttivo, anticipando le origini della città di Venezia.

La nascita della nuova sede diocesana a Torcello è stata attribuita al 639, anno della costruzione della basilica di Santa Maria Assunta, che ebbe seguito al trasferimento della diocesi dalla città di Altino a causa dell’invasione longobarda.

Torcello disponeva di un importante porto, dove confluivano, via mare, merci provenienti dalle città elleniche e dal nord Europa e da dove uscivano prodotti artigianali locali.

Il popolo longobardo, a differenza di altri popoli barbari (dediti a veloci scorrerie per poter riportare il bottino in patria), si stanziò nelle regioni occupate. Gli abitanti di questi luoghi furono costretti a ritirarsi nelle isole dell’arcipelago, fenomeno che causò un progressivo aumento demografico della popolazione isolana.In una lapide commemorativa, posta a fianco dell’altare maggiore, rappresenta l’antica testimonianza e l’unico documento che ricorda la consacrazione della Basilica eretta sotto il governo dell’imperatore bizantino Eraclio.

Lapide commemorativa della consacrazione della basilica

Il significato del testo latino è il seguente:

Nel nome del Signore Dio nostro Gesù Cristo, durante l’impero del nostro signore Eraclio perpetuamente Augusto, nell’anno ventinovesimo, indizione tredicesima, è stata fatta la chiesa di Santa Maria Madre di Dio, per ordine del nostro pio e devoto signore Isacco eccellentissimo esarca e patrizio, e, a Dio piacendo, è stata dedicata per i suoi meriti e a protezione del suo esercito. Essa è stata eretta sin dalle fondamenta a cura del benemerito Maurizio glorioso magister militum della provincia delle Venezie, residente in questa sua sede, con la propizia consacrazione del santo e reverendissimo Mauro vescovo di questa chiesa. Felicemente.”

Sotto l’altare centrale sono state poste le spoglie di San Eliodoro traslate dalla città di Altino nell’anno 635.

Reliquiario di S. Eliodoro.

L’origine di questo reticolo di monasteri presenti nelle isole, ebbe luogo dopo la fondazione della chiesa madre , il primo grande edificio cristiano eretto in laguna, “la Basilica di Santa Maria Assunta”, fu simbolo di salvezza e luogo di protezione per la comunità di Torcello.

Basilica di Santa Maria Assunta

La basilica sorse per volontà dell’imperatore bizantino Costantino VII Porfirogenito, in un periodo florido dovuto dai molteplici scambi commerciali marittimi con l’impero d’oriente e con il mondo arabo in rappresentati da Costantinopoli ed Alessandria d’Egitto.

Battistero di San Giovanni Battista.

Il luogo sacro rispecchia la tradizione architettonica romana: un fondo bel pressato contenente cocci e materiali di scarto, sormontato dalle pietre che ne costituivano il basamento.

Gli archeologi confermano che l’isola era abitata da alcuni anni grazie ad alcuni scavi rilevando la presenza di alcune abitazioni pre-veneziane costituite da un piano terra con pavimento in argilla dove era posto un focolaio necessario per svolgere le attività artigianali ed un primo piano che costituiva la zona abitativa. La casa disponeva di un pozzo, costituito da una vasca sigillata con l’argilla e riempito con della sabbia che aveva la funzione di filtrare l’acqua. Generalmente gli abitanti si alimentavano con il pesce frutto della loro attività. Il porto era più ampio, il canale era navigabile e le navi potevano attraccare all’interno dell’isola.

Di fronte alla basilica troviamo i resti del battistero dedicato a San Giovanni Battista, e a destra, guardando la basilica di fronte, il martiryum dedicato a Santa Fosca. Costruito su basamento quadrato, termina in un soffitto di forma circolare sorretto da otto colonne con capitelli recuperate da altre costruzioni, probabilmente giunte dalla città di Altino. All’interno della chiesa sono custodite le reliquie della santa.

Soffitto circolare
Martyrium di Santa Fosca

Secondo quanto indicato nel codex carthusiae coloniensis, santa Fosca visse nel III secolo a Sabrata, in Libia. Si fece battezzare in giovane età assieme alla sua nutrice Maura e, per questo motivo, venne rinchiusa da suo padre affinché abiurasse al cristianesimo. La santa non cedette alle richieste di suo padre e venne arrestata assieme alla nutrice dal nuovo pro-console Quinziano. Nessuna delle due donne rinnegò la fede cristiana e, per questo, le trafisse con la sua spada ai fianchi.

Il trasferimento delle spoglie della santa dalla Libia a Torcello avvenne dopo l’espansione mussulmana in Africa settentrionale; le reliquie di santa Maura, invece, riposano a Santa Maria di Lourdes a Milano.

Sarcofago contenente le spoglie di Santa Fosca

Alcuni documenti testimoniano l’esistenza della chiesa nel IX secolo. Intorno all’anno 1000 il vescovo di Torcello Orso Orseolo fece la fece ricostruire interamente. Il complesso venne poi riedificato nel 1110 a causa dei danni subiti in un violento terremoto ed assumere l’attuale forma.

Con il trasferimento della nuova sede a Torcello, iniziò un continuo sviluppo religioso che coinvolse molte delle isole minori, legate ad un ambiente naturale dove il silenzio, la meditazione e il lavoro favorivano uno stretto legame con Dio.

In tutte le comunità dell’epoca , le religiose coltivavano i prodotti della terra ed allevavano animali da cortile, necessari al sostentamento quotidiano.

Ma in quali isole si trovavano tutti questi monasteri?

Come hanno fatto a svanire nel nulla strutture così complesse senza lasciare alcuna traccia?

Una tematica abbastanza complicata, in quanto non solo ci troviamo di fronte a monasteri che si sono volatilizzati ma anche di fronte alla scomparsa di interi isolotti cancellati dalle mappe antiche, fenomeno che i veneziani definiscono come: “il mistero delle isole scomparse”.

Le campagne archeologiche e subacquee, promosse dall’Università Ca’ Foscari nel 1974 e nel 1983/84 hanno rilevato la presenza di 400 pali piantati sulle rive di alcune isole per evitare l’erosione del mare sulla fascia costiera, datati con la modalità del radio-carbonio, risultano risalire al VII secolo, ciò dimostra che la laguna era abitata molti secoli prima della nascita di Venezia.

Mappa del tragitto nella zona delle isole scomparse

Alla foce del fiume Sile appariva un arcipelago geograficamente composto da 8 isole, 4 facenti parte a all’arcipelago Costanziaco maggiore alla destra della foce e 4 appartenenti a Costanziaco minore alla sua sinistra. L’etimologia di “Costanziaco” sembra avere origine dal nome dell’imperatore Costantino ma potrebbe essere correlata al nome di “Costanzo” generale romano, marito di Galla Placidia che soggiornò in queste terre con le sue legioni.

In queste isole sorgevano 2 importanti Pievi, quella dei santi Sergio e Bacco e quella dei santi Massimo e Marcelliano a cui erano associate altre 5 chiese:

San Matteo, Santi Giovanni e Paolo, San Pietro, San Adriano e San Mauro.

La pieve dedicata ai santo Sergio e Bacco probabilmente associata alla chiesa di san Lorenzo venne concessa dal vescovo di Torcello Egidio al monastero di san Adriano o Ariano (in dialetto veneziano) di cui si rilevano alcune rovine percorrendo il canale della Dossa di fronte all’isola della Cura.

Isola di San Adriano – resti del monastero

A sud dell’isola della Cura sorgeva la seconda pieve dei santi Massimo e Marcelliano.

San Matteo venne donato nel 1229 alle monache benedettine e alla fine del secolo la comunità si trasferì a Mazzorbo.

Il monastero di Sant’Ariano fu fondato nel XII secolo, in un periodo in cui la vita religiosa monacale si stava diffondendo in tutta Europa. Il monachesimo femminile vide protagoniste molte donne appartenenti alle famiglie di antica stirpe, già promesse alla vita religiosa sin dalla loro infanzia.La costruzione dei monasteri ebbe luogo grazie alle donazione di benefattori di ricche famiglie. Divenne consuetudine promettere in matrimonio le figlie primogenite e destinare alla vita monacale le altre figlie.

Secondo la leggenda il monastero di sant’Ariano venne fondato nel 1160 da Anna Michiel. Anna fu costretta a sospendere la vita monacale per contrarre matrimonio Nicolò Giustinian. Entrambi nobili veneziani e votati ad una vita religiosa furono costretti a sposarsi per creale figli evitando l’estinzione delle rispettive famiglie. Dopo aver generato la prole i due tornarono ai rispettivi conventi, lei a sant’Ariano e lui San Nicolò del Lido.

Il convento di sant’ Ariano si trasferì prima a Torcello e poi a San Girolamo a Venezia. Dal ‘500 l’isola venne utilizzata come ossario ospitando le spoglie dei defunti prelevati dai cimiteri veneziani fino al XX secolo, quando avvenne lo spianamento del terreno ed il divieto di accesso ai cittadini.

Nella palude della Centrega, si trova l’arcipelago di Ammiana, allora composto da 3 isole e 2 monasteri: santi Felice e Fortunato e san Lorenzo a loro volta legati a altri piccoli conventi.

Nell’arcipelago sorgevano anche i monasteri di San Lorenzo sulla motta (monte o collina) omonima, luogo abitato già dal I secolo; a Santa Cristina, sorgeva un monastero dedicato a San Marco; l’isola di Santa Cristina, attualmente è stata riqualificata come resort con piscina appartenente alla famiglia Svarosky; la Salina ospitava i monasteri di San Felice e Fortunato, venne fondata nel IX secolo dalla confraternita di Altino che si trasferì a Venezia fondando il chiostro di San Filippo e Giacomo. Il monastero venne trasformato in salina nel 1800 e successivamente in agriturismo.

Santa Cristina
La Cura

Gran parte delle comunità religiose si sono trasferiti in altra sede, soprattutto nella città di Venezia.

Che cosa determinò il trasferimento , da parte delle comunità religiose, delle isole dell’arcipelago alla città di Venezia?

Probabilmente la prima causa dell’abbandono è da imputare alle variazioni climatiche, l’abbassamento del livello delle acque, dovuto all’interramento delle bocche portuali che si registrò nel ‘900 determinò la formazione di ampie zone paludose con la moltiplicazione delle zanzare e il conseguente sviluppo della malaria e altre malattie .

Col passare degli anni, la continua erosione del mare, continue mareggiate e l’innalzamento delle acque contribuirono a spazzare alcune isole dalla mappa geografica.

Da una ricerca del 1897, alcuni esperti rilevarono una variazione dell’ambiente lagunare dovuta all’innalzamento del livello del mare di circa 23 cm rispetto a 130 anni prima.

Un ulteriore innalzamento iniziò negli anni ‘20 con la costruzione di Porto Marghera e lo scavo di alcuni canali artificiali in grado di variare i flussi dell’acqua verso il mare.

A queste cause possiamo aggiungere l’ interramento provocato dai detriti dei fiumi che sfociano nella laguna.

Quasi tutti i monasteri abbandonati si trasformarono in cantieri destinati al recupero di materiale edilizio riciclato per costruire nuove abitazioni, chiese e altri edifici della città di Venezia, subendo un progressivo e continuo smontamento fino al recupero dell’ultima pietra.

A tutta questa serie di cause possiamo aggiungere alcune catastrofi naturali e terremoti.

Sembra impossibile, tutta della rete di imponenti monasteri che un tempo soggiogavano nelle isole non è rimasta alcuna traccia. Assieme ai conventi sono scomparsi anche alcuni isolotti, prima abbandonati, poi depredati, inglobati dalla vegetazione ed infine sommersi dal mare, svaniti nel nulla lasciando spazio al mistero.

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